L'insostenibile leggerezza del quotidiano

INTRODUZIONE  

Il presente lavoro rappresenta una nuova difficile sfida che ci ha portato ad affrontare  un’idea filosofica – letteraria per riuscire ad esprimerla mediante immagini fotografiche.

Al momento in cui è stato proposto, pur essendo stato accettato con favore, sono sorti tanti dubbi per la difficoltà dell’argomento e della sua realizzazione.

Sono stati necessari molti incontri per focalizzare e chiarire le idee, ma poco a poco ognuno ha capito come affrontare il compito e realizzarlo al meglio.

Il tema prende spunto dai libri di Milan Kundera “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, e di Italo Calvino “Lezioni americane”, ma il suo sviluppo ha richiesto la consultazione di molti autori che costituiscono le basi fondamentali della filosofia e della letteratura, tra i quali ad esempio Heidegger, Kirkegaard e Nietzsche.

Ogni fotografo ha interpretato il tema in forma autobiografica, raccontando con testi ed immagini un aspetto della sua vita nei momenti di leggerezza o negli aspetti più pesanti.

Traendo un sunto da tutto il lavoro e dalle considerazioni filosofiche e letterarie si può dedurre che non sia la leggerezza ciò che rende autentica una vita, se rimane l'unico scopo, ma anzi possa diventare insostenibile se non si riesce a dare un senso all’esistenza, che la faccia diventare autentica (Kirkegaard).

Il dualismo viene quindi anche spostato tra autenticità ed inautenticità della vita, dove la prima sta per rispetto di se stessi, impegno verso gli altri, valori concreti ed un’etica solida, che permetta di affrontare ogni difficoltà ma anche di godere delle piccole gioie e dei successi. Mentre essere inautentico significa vivere senza scopo, volere i diritti senza rispettare i doveri, non avere curiosità, nessun impegno, in conclusione essere vuoti dentro. ( Vito Mancuso, “ La vita autentica”, Raffaello Cortina ed.).

Quindi la leggerezza alla fine risulta essere una conseguenza della vita autentica conquistata attraverso la libertà delle scelte (Heidegger)  ed il coraggio dell’assertività, cioè nel sostenerle fino in fondo, responsabili di tutte le conseguenze, positive o negative.

È certamente una recente tendenza della fotografia quella di lasciare il mero esercizio estetico o di denuncia sociale, per maturare verso un livello culturale più elevato, nell’intenzione di entrare a pieno titolo nell’arte e nella cultura. Così come da tempo non esiste più il quadro “bello”, ma l’arte figurativa  diventando astratta, ha bisogno di un legame culturale profondo e di giustificazioni autentiche, anche la fotografia “bella”, fine a se stessa, ha ormai fatto il suo tempo.

Molto importanti per la realizzazione di questo lavoro sono stati anche i contributi dell’amico professore di filosofia, Stanislao Fezzi e di Carmine Lazzarini, professore di storia e componente della Libera Università dell’autobiografia di Anghiari (Ar).

Devo ringraziare anche l’architetto Renato Corsini, direttore del Macof di Brescia e Gastone Scarabello, fotografo, esperto di progettazione fotografica e docente dell’Isfav di Padova, per gli spunti iniziali ed i consigli che ci hanno portato ad affrontare un lavoro in gruppo.

Grazie anche a tutti i partecipanti, che hanno sopportato il sottoscritto, durante la costruzione di questo lavoro.

Massimo Sacchi - 08 gennaio 2020